BOSSO BUXUS S. - significato
BUXUS S. = BUXUS SEMPERVIRENS = BOSSO
(tratto dal libro di Alfredo Cattabiani "Florario - miti, leggende e simboli di fiori e piante". E' un libro da acquistare leggere consultare ! )
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Il bosso o della Fermezza
Il bosso (Buxus sempervirens) è noto soprattutto come siepe sagomata nei modi più diversi grazie alle foglie, lucide e di color verde scuro,
che si rinnovano costantemente.
Un tempo, invece, era apprezzato anche per le proprietà medicinali.
La frizione di bosso era considerata un rimedio efficace contro la calvizie; ma si utilizzava l'albero anche come febbrifugo al posto del chinino, per la presenza di un alcaloide denominato bossina.
Oggi queste peculiarità sono state scientificamente accertate; ma poiché il bosso è così tossico da provocare a dosi elevate vomito e diarrea, lo si è escluso dall'uso abituale, tranne in omeopatia dove viene somministrato come antireumatico e sudorifero.
In Grecia era sacro ad Ade, il quale proteggeva in particolar modo le piante sempreverdi, emblemi della Vita che continuava negli «inferi» dell'inverno.
Per questo motivo simboleggiava la perpetua Reviviscenza della natura e, in senso più ampio, l'Eternità.
In Scozia e in Inghilterra, alla Domenica delle Palme, si portano in processione rami di bosso al posto di quelli di palma o di olivo, non reperibili in quelle campagne.
I Greci gli avevano dedicato anche un proverbio analogo a quello sui vasi recati a Samo: «Hai portato bossi a Kytore».
Kytore era infatti una città della Paflagonia, nei pressi di Amastri, sulle rive del Ponto Eusino, dove questa pianta era molto diffusa, tanto che il De Gubematis suppone che ne fosse originaria.
II suo nome deriva dal latino buxus, a sua volta traduzione del greco pyksos che si considerava affine a pyx, «pugno chiuso», e a pyknos, «fitto, serrato», con riferimento al suo legno durissimo e liscio, di color giallo, col quale si fabbricavano le tavolette da scrittura, ricoperte di un leggero strato di cera, e le pissidi (in latino buxis-buxidis, dal greco pyksis-ìdos, con la stessa radice di pyksos).
Queste ultime, infatti, erano originariamente scatolette di bosso circolari, a corpo globulare e poi cilindrico, in cui si riponevano gioielli o altri preziosi, fabbricate poi anche in argilla o avorio.
Dal Medioevo il nome designò il vaso sacro che serve ancora oggi per contenere l'Eucarestia.
D'altronde in molte lingue europee derivano da byxis parole che significano scatola: come l'inglese box, che vuol dire anche bosso, e il tedesco Buchs.
In italiano discende da buxis il «bossolo», vasetto o barattolo di legno, usato una volta per le votazioni o per contenere unguenti.
Con lo stesso nome viene designato il recipiente metallico destinato a contenere la carica di lancio di un'arma e ad assicurare la chiusura ermetica della culatta al momento dello sparo.
Anche la bussola, la scatolina che contiene l'ago magnetico fissato a un perno, ha lo stesso etimo.
Al legno di bosso, grazie alla sua indeformabilità e durevolezza, si è fatto lungamente ricorso per fabbricare i pezzi degli scacchi, gli strumenti matematici e persino uno strumento musicale cui ha dato il nome.
Ha evocato anche i simboli della Fermezza e della Perseveranza: per questo motivo lo si utilizza ancora adesso per confezionare i martelli delle logge massoniche.
Poiché il bosso si autofeconda con discrezione, evocò il simbolo della Castità, contrapposto al venereo mirto.
Agli uomini era vietato deporne ramoscelli sugli altari consacrati a Venere, pena la perdita della virilità.
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